CREATIVITÀ E DISCIPLINA – LA REGIA CINEMATOGRAFICA E IL KARATE, DUE MONDI APPARENTEMENTE DIVERSI MA UNITI DA UNA FORZA COMUNE: LA PASSIONE
INTERVISTA A STEFANO PINTO

Abbiamo avuto la possibilità di incontrare il regista e karateka Stefano Pinto, che si è messo a nostra disposizione con grande gentilezza per un’intervista sulla sua vita. L’intervista, che segue, è molto interessante e offre spunti di riflessione su vari aspetti personali e intimi, con una delicatezza e un’introspezione rare.

Ringraziamo Stefano e gli auguriamo un brillante futuro sia dal punto di vista professionale che per la sua attività presso il dojo gestito insieme al padre e al fratello.

Come e quando hai iniziato a praticare KarateDo Tradizionale

Ho iniziato a praticare Karate nel dojo di mio padre che allo stesso tempo è anche il mio maestro. Attualmente papà è 6° Dan e nel 1982 dopo tanti anni di pratica col maestro Shirai a Milano e il maestro Perlati a Bologna ha aperto il primo Dojo a Lecce, lo storico Musokan Karate Lecce.

Sin da piccolissimo, quando avevo 2-3 anni mio padre mi portava agli allenamenti anche se ovviamente erano degli approcci giocosi all’inizio, essendo molto piccolo, ma ho respirato l’aria marziale sin da subito.

Col tempo, crescendo, la pratica ovviamente ha sviluppato delle motivazioni di crescita umana dentro di me oltre che da un punto di vista atletico.

Porto con me il dispiacere di aver perso alcuni anni di pratica, perché sono stato un agonista da bambino e più seriamente solo da adulto intorno ai 32-33 anni.

Da sempre parallelamente al Karate giocavo anche a calcio e in particolare dai 12 anni ai 17 giocavo nelle giovanili del Lecce e a un certo punto era difficile conciliare studio, calcio a quel livello e Karate.

Successivamente, purtroppo, per motivi di studio e di trasferimenti vari in Italia e all’estero, per molti anni non ho praticato. Ho ripreso intorno ai 27-28 per curarmi dall’ansia. Per molti anni ne ho sofferto seriamente e grazie a mio padre ripresi ad allenarmi con una mentalità diversa e sono rinato sotto tutti i punti di vista

Chi sono stati i tuoi riferimenti nel KarateDo

I riferimenti di mio Padre sono stati anche i miei, il Maestro Shirai in primis, in particolar modo negli anni 90. Ricordo anche il Maestro Naito, ma ero molto piccolo ed ho dei ricordi un po’ fumosi. Altre fonti di ispirazione sono stati sicuramente i Maestri Fugazza, Marchini, Perlati e Torre.

Quale ruolo ha avuto il KarateDo nella tua vita e quali sono stati i principali insegnamenti che ne hai tratto

Il Karate nella mia vita ha avuto sicuramente un ruolo educativo nel sociale, mi ha insegnato il rispetto verso il prossimo, il senso del sacrificio, la tranquillità interiore e mi ha fatto capire che la perfezione non esiste, ma che si può lavorare costantemente affinché il miglioramento sia costante.

Di che cosa ti occupi, puoi raccontarci il tuo percorso professionale

Lavoro nel mondo del cinema da diversi anni, sono un regista di documentari, videoclip e commerciale, il sogno è quello di poter arrivare a fare un mio film.

Ho da poco terminato le riprese di un film, per la regia di Greta Scarano con Matilda De Angelis “Adriatica”, un film sull’autismo prodotto dalla casa produttrice Groenlandia con il sostegno della Regione Emilia-Romagna. Ora sono impegnato in un progetto Netflix, una serie che si chiama “Supersex” con Alessandro Borghi protagonista e anche qui ho curato la regia del making of che sarà visibile su Netflix a partire da fine mese.

Rapportarsi con queste grosse piattaforme non è semplice, bisogna collaborare con tantissime persone e tanti reparti differenti e spesso anche la visione creativa è differente.

Il Karate mi ha insegnato a mantenere la calma e a riflettere prima di esprimere commenti istintivi, anche quando ciò che viene richiesto non lo condividiamo o non ci rappresenta creativamente e subentra la frustrazione.

La tua visione artistica/creativa è stata influenzata dalla tua passione marziale

Non saprei dire se la mia visione creativa è stata influenzata dalla mia passione marziale perché probabilmente sono due elementi che si sfidano “la libertà creativa contro le regole” ma sicuramente uno dei miei principi preferiti e che più mi rappresenta è il 20° precetto del Niju Kun del Maestro Funakoshi,” 常に思念工夫せよ Tsune ni shinen kufu seyo” tradotto “si sempre creativo”. È la frase che è scritta anche sulla mia cintura.

Mi piace molto il concetto riferito al mantenere un atteggiamento ispirato all’evoluzione e al pensiero creativo applicato sia al Karate che nella vita in generale.

Hai mai pensato di creare un racconto cinematografico sul mondo marziale

Più che un racconto cinematografico sul Karate mi piacerebbe fare dei documentari per illustrare al maggior numero di persone la bellezza e la profondità di questa arte marziale.

Nella storia del cinema viene spesso estremizzato il senso del Karate e soprattutto fanno sorridere le modalità in cui viene messa in scena l’arte marziale e lo spirito del perché lo si pratica, ma il cinema è commercio e finzione e va bene così.

In un documentario reale si potrebbe andare a fondo su diversi argomenti da affrontare realmente; ho pensato più volte di poterne fare uno sul Maestro Shirai, ma fino ad adesso non ho potuto realizzare questo mio desiderio.

Sarebbe meraviglioso se il Maestro potesse lasciarci visivamente qualcosa non solo sul mondo del Karate ma anche sulla sua filosofia, il suo pensiero oltre ai suoi ricordi e aneddoti di vita per le future generazioni e per chi, come mio padre, ha praticato e pratica sotto la sua guida.

In un documentario come questo si potrebbero approfondire i principi che stanno alla base del Karate, che per me sono quelli richiamati nel Dojo Kun: migliorare sé stessi e crescere umanamente, avere un corretto atteggiamento mentale, essere determinati e costanti ed osservare un comportamento corretto.

Purtroppo, vedo che ci sono praticanti che vanno a raccattare gradi (ndr “dan”) di federazione in federazione, non capendo il reale senso e il vero spirito del Karate, come se l’obiettivo fosse il grado.

Ti senti una persona equilibrata nella tua vita quotidiana e nel tuo lavoro

A quasi 40 anni posso dire con certezza che il Karate soprattutto in fase adulta ha contribuito in grandissima percentuale al mio equilibrio mentale.

Ovviamente uno ci deve mettere anche del suo e lavorare su sé stesso, affrontando propri disagi interiori, anche attraverso un approfondimento psicologico o olistico, secondo le proprie preferenze.

Il Karate ha sviluppato in me il concetto di presenza mentale e sono convinto che sia veramente il fattore fondamentale per l’equilibrio della nostra mente.

Cosa cambieresti se potessi tornare indietro

Riflettendo sulla mia vita non cambierei nulla, ho sempre fatto ciò che desideravo, senza essere condizionato dai pensieri e dal volere altrui, riuscendoci o meno, ma l’averci tentato sempre mi ha permesso di vivere senza rammarico.

Il mio lavoro ne è la prova, un mondo molto complesso e difficile, ma ho sempre pensato di farcela e così a 18 anni ho fatto le valigie e mi sono trasferito a Roma per inseguire un sogno che ad oggi è il mio lavoro e mi permette di vivere e alzarmi felice al mattino.

Cosa consiglieresti chi si vuole avvicinare al KarateDo

Questo concetto della pratica per me ha a che fare con la trasformazione interiore, è un percorso di vita interminabile ed è molto personale.

Il consiglio che sento di dare a chi vuole avvicinarsi alla pratica è quello di lasciarsi trasportare senza pretese dall’arte marziale, avvicinarsi al Karate e viverne la pratica come un’opportunità per migliorare sé stessi. Ogni individuo deve sentire dentro di sé la voglia di stare bene, trovare il proprio equilibrio e capirne il vero benessere, capendo di non riuscire più a farne a meno e portandone i principi nella vita di tutti i giorni.

Non a caso “il Karate si pratica tutta la vita “, ma lo si pratica per scelta personale, come è stato per me. L’ho lasciato per alcuni anni e mi sono riavvicinato quando sentivo che dentro di me mancava qualcosa e ringrazio mio Padre e il mio maestro per avermi gentilmente ricordato, senza insistere, che il Karate poteva essere la cura per i miei disagi interiori incontrati durante la mia crescita, e così è stato.

Così come lo è per lui, nonostante la malattia degenerativa agli occhi, per la quale non l’ho mai visto abbattuto, incerto nelle scelte o lamentarsi. Anzi il suo concetto di malattia è una grande opportunità che la vita gli ha offerto. Allenarsi quasi al buio sviluppando gli altri sensi.

Ma papà è ad un alto livello interiore, io non sarei in grado di affrontare ciò reagendo in quel modo come non lo sono tutt’ora. Sono più sofferente io emotivamente che lui che ha il problema. Ma anche questo è l’ennesimo insegnamento del mio Maestro e padre.

Grazie Stefano

BIOGRAFIA STEFANO PINTO

Stefano Pinto nasce a Lecce il 30 aprile 1984.

Completati gli studi nella sua città natale a 18 anni si trasferisce a Roma per studiare recitazione al teatro Sistina di Roma con il Maestro Enzo Garinei, dopo piccoli ruoli a teatro e in tv arriva il suo primo ruolo di rilievo nel film “Tutta la vita davanti “ di Paolo Virzi e successivamente è coprotagonista nel film “Ti stramo“ una commedia diretta da Pino Insegno e Gianluca Sodaro.

Dopo vari ruoli passa dietro la macchina da presa occupandosi di regia di backstage cinematografici, pubblicità e videoclip musicali.

Tra gli ultimi progetti citiamo la regia di “Battiti Live Backstage” in onda su Italia1, il film “Adriatica” diretto da Greta Scarano e la regia del documentario “Dietro le quinte di Supersex”, per la piattaforma Netflix, in uscita nelle prossime settimane.

Insieme al padre e Maestro Sergio Pinto e al fratello Luca, gestisce il dojo di Karate “Musokan Lecce” nella sua città natale.

Foto Stefano Pinto
Intervista Fikta

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